Qual è il motivo per cui oggi, a dispetto di una scienza medica potentissima e di una tecnologia di avanguardia i malati non si sentono curati e i medici non si sentono realizzati?
L’affermazione di un neurologo tedesco che “il fatto che la medicina odierna non possegga una propria dottrina sull’uomo malato è sorprendente, ma innegabile”, sottolinea questa deriva che caratterizza la medicina moderna.
L’uomo, l’unica creatura che sa di dover morire, afferma un desiderio di felicità e di compimento, che nella condizione della malattia si rende più evidente che mai. Nessun gesto di cura che non tenga conto di questa differenza umana potrà mai dirsi veramente tale.
Il libro di Giorgio Bordin e Paola Marenco ripercorre la storia della cura dalle sue origini, come risposta a questa domanda nelle sue ambivalenti evoluzioni, fino alla condizione attuale, proponendo l’esperienza sorprendente di Cicely Saunders. Questa donna, che ha fondato il modello delle cure palliative, ha saputo scuotere il mondo professionale della medicina con innovazioni e originalità, perché ha saputo rimanere legata al punto originale e sorgivo del prendersi cura di una persona malata. Il suo metodo è interessante e rimane vero e proponibile non solo nelle cure palliative, ma in ogni campo della medicina. Il termine “palliativo” ha collegamenti etimologici con il mantello (pallium) che tutela e protegge chi è accolto nel suo abbraccio, introducendo così il tema dell’iconografia delle Madonne della Misericordia, collegate alle opere di cura degli infermi dalle confraternite nei primi secoli rinascimentali.
L’evoluzione della medicina genera problemi nuovi all’interno della sfida di sempre: rispondere al desiderio di bene e felicità dell’uomo; nelle nuove sfide del fine vita, che richiedono posizioni proporzionate a temi così rilevanti, si può superare il passato, mantenendone intatta l’origine? Nell’iconografia delle Madonne della Misericordia possiamo ritrovare alcuni dei tratti fondamentali di cui riappropriarci oggi nel prenderci cura di un malato, e non solo nel terreno delle cure palliative, ma in ogni ambito terapeutico, approfondendo la tradizione che ci precede senza perdere nulla.