Dalle visite in carcere che fece Carlo Maria Martini lungo tutto il suo mandato episcopale nasce la riflessione racchiusa in queste pagine
«Chi sbaglia può sempre correggersi: sicché come esigono i principi costituzionali, la pena deve guardare sempre al futuro» - Marta Cartabia
«Prima di ogni altra cosa, ciò che andrebbe epurato dal linguaggio e abolito dalle pratiche mondane - non solo quelle penali - è proprio la crudeltà» - Adolfo Ceretti
“Entrai a piedi nella città, passai di fianco alle grandi carceri di San Vittore, diedi una benedizione e pensai: lì vivono migliaia di persone che devo andare a trovare.” Con queste parole Carlo Maria Martini ricordava il suo ingresso a Milano il 10 febbraio 1980. Dalle visite in carcere che fece lungo tutto il suo mandato episcopale nasce la riflessione racchiusa in queste pagine: come e perché fare in modo che la pena sia giustizia ma anche ricomposizione? Marta Cartabia, presidente della Corte costituzionale, e Adolfo Ceretti, docente di Criminologia, si confrontano con il magistero di Martini spiegando il valore che esso continua a racchiudere e la necessità ancora viva di ciò che l’arcivescovo auspicava: una giustizia che ricucia i rapporti piuttosto che reciderli, promuova i valori della convivenza civile, porti in sé il segno di ciò che è altro rispetto al male commesso.