Il 21 settembre 1990 il giudice Rosario Angelo Livatino fu assassinato dalla mafia in “odium fidei”, come riconosciuto dalla causa di beatificazione.
Il 9 maggio 2021 è stato proclamato beato nella cattedrale di Agrigento.
STD – sub tutela Dei – era il motto adottato fin da giovane da Rosario Angelo Livatino. Con questa fiducia in Dio ha vissuto una ordinaria quotidianità, come emerge da quanto annotava quotidianamente nelle sue agende.
La fede vissuta nel quotidiano connota la sua professione di magistrato che diventa il luogo dell’offerta a Dio di sé, non senza un lungo travaglio interiore, cosciente del “calice” che gli è messo davanti, dei pericoli a cui lo espongono le sue indagini.
Tale coscienza è all’origine di un «brutto periodo per il morale» fino a quando accetta la probabilità del “sacrificio” della sua vita. Chiede di poter accostarsi al sacramento della Cresima, maturando progressivamente una disposizione martiriale. Nel suo «Picciotti, che cosa vi ho fatto?» risuona il profeta Michea, associato il Venerdì Santo al Cristo morente: «Popolo mio, che male ti ho fatto?».
Una invocazione che penetrerà nel cuore degli assassini e porterà due di loro a chiedere perdono.
Dopo avere incontrato i genitori di Livatino, san Giovanni Paolo II pronunciò parole durissime contro la mafia, invitando i responsabili alla conversione. Appello rinnovato da papa Francesco, come a dire che la vittoria sulla mafia è la consegna di sè a Cristo, distanti dal rischio di perdere la vita credendo di guadagnarla.
Mostra promossa da
Libera Associazione Forense, Centro Studi Rosario Livatino, Centro Culturale Il Sentiero
A cura di
Guido Facciolo, Matteo Filippi, Roberta Masotto, Salvatore Taormina, Carlo Torti, Carlo Tremolada, Paolo Tosoni