Fin dagli inizi della sua opera educativa al liceo Berchet di Milano, Luigi Giussani conia un neologismo che segnerà la sua riflessione gnoseologica e antropologica: l’esperienza elementare. È un’espressione che rappresenta – come Giussani stesso afferma – la «cosa più grossa dal punto di vista intellettuale che io dico in… in tutto il mio insegnamento», cioè l’invito a paragonare tutto con un «complesso di esigenze e di evidenze con cui l’uomo è proiettato dentro il confronto con tutto ciò che esiste». L’attività conoscitiva nell’uomo è fondamentalmente caratterizzata da un’attività di paragone, un’attività troppo spesso esposta al plagio delle correnti culturali dominanti. Ecco, dunque, l’esigenza non solo di identificare una unità di misura atta a questo confronto, bensì uno spazio di intangibile libertà nella strada alla conoscenza di sé e di giudizio sulle vicende della storia. L’espressione è di certo molto singolare. Se da una parte può richiamare espressioni come coscienza, senso comune o natura, dall’altra la sua inusuale combinazione lessicale, anche in ambito teologico, non può che suscitare curiosità e stupore. Più che una definizione, essa vuole essere, infatti, una provocazione: la riscoperta di un alfabeto nuovo nel drammatico e affascinante dialogo tra l’uomo e la realtà, tra l’io e Dio, tra gli uomini oggi. Il presente volume è il tentativo di inoltrarsi nella genesi storica e semantica di questo neologismo, l’inizio di una comprensione della complessa ricchezza di una delle parole-chiave dello straordinario “metodo” di Giussani.