Si può insegnare puntando sulla libertà dell’altro? Si può vivere l’insegnamento da uomini liberi, affascinati dalla realtà e capaci di stare davanti ai propri allievi prendendo sul serio le loro esigenze più vere? Si può far funzionare una scuola senza cadere nella preoccupazione organizzativa che la riduca a puro meccanismo gestionale?
Partendo dall’esperienza di insegnamento all’interno di una comunità scolastica, dal confronto, dal giudizio e al tempo stesso da quanto scoperto attraverso situazioni e problematiche vissute, l’Autore cerca di rispondere alla domanda su quale sia il compito degli insegnanti, riportando al centro del percorso educativo parole, spesso dimenticate, come libertà, verità, accoglienza, desiderio, stupore.
La riflessione non delinea un modello astratto di scuola, ma apre alla verifica dell’ipotesi educativa e culturale che la caratterizza proprio grazie al continuo riferimento all’esperienza, entrando nello specifico della didattica e individuando nella dimensione narrativa dell’insegnamento una modalità da privilegiare.
Queste pagine descrivono una pratica di conoscenza, di insegnamento e di convivenza, ricca di fatti che accadono in classe, durante le lezioni e non solo, che rende la stessa proposta educativa viva e appassionante, anzitutto per gli insegnanti e di conseguenza per gli allievi. Esse perciò si pongono come un contributo al dibattito sulla scuola e sul compito affascinante di educare.
Prefazione di Fausto Leidi