CARL THEODOR DREYER (nato a Copenaghen nel 1889, morto nel 1968), è autore di tre
capolavori: dopo aver realizzato a Stoccolma Proesteenkfen (La quarta
alleanza di madama Margherita, 1921), e in Danimarca Du skall aere din
Lustru (Il padrone di casa, 1925), dirige in Francia La passione di
Giovanna d’Arco (La passion de Jeanne d’Arc, 1927), su soggetto suo e di
Joseph Delteil, in cui stilizza abiti armature sfondi con severo stile per dare
una commovente rievocazione della passione di Giovanna. Coadiuvato da Rudolph
Maté (operatore), Jean Hugo e Hermann Warm (sceneggiatura), Dreyer ha creato un
vero capolavoro, sfruttando in modo continuo un particolare angolo di ripresa
che da allora porta il suo nome (angolo dreyer); ampio uso dell’effetto dreyer
fece ad esempio Ejzenstejn ne La linea generale. René e Falconetti ne fu
protagonista indimenticabile, dalla quale il regista ottenne quasi
l’annientamento della materialità: il risultato fu un’opera in cui
nell’arditezza della messa in scena si compongono perfettamente particolari,
azione, immagine. Fu poi la volta del vampiresco La strana avventura di
David Gray (L’é trange aventure de David Gray, 1931), ricco di
suggestione, il più potente film di evasione magica della storia del cinema, e
che fu largamente imitato. Dopo un lungo silenzio diresse in Danimarca Dies
irae (Vedrens dag, 1934) in cui il racconto di una condanna al rogo
per sospetta stregoneria è immerso in una atmosfera allucinante. Seguirono
alcuni documentari e, dopo la guerra, La parola (Ordet,
1955).