Non è vero che chi muore di cancro va all’inferno… non è vero che la morte è la fine di tutto; e non è vero perché c’è stato in un attimo della mia vita un giardino pieno di camomilla fiorita, una sensazione di gioia e di gratitudine immensa verso chi mi aveva donato la vita e quell’attimo di vita.
L’autore, medico milanese dell’Istituto dei tumori, scopre a quarant’anni, sposato con tre figli piccoli, di avere un tumore al rene. Lo svilupparsi della malattia, dopo un primo importante intervento chirurgico, gli garantisce, per usare le sue parole, «dieci anni di vita quasi normale», in una sorta di tregua armata che termina il 4 dicembre 1989, allorché l’ultima operazione svela l’inesorabile recrudescenza del male. «Mi trovo» scrive allora «di fronte a ciò che Leopardi chiama “l’apparir del vero”, e che si potrebbe più prosaicamente definire l’esperienza della fragilità della vita».
Questi dieci anni di vita quasi normale, e quello successivo, l’ultimo, sono attraversati dalla testimonianza che Antonio ha lasciato in lettere, scritti, appunti e un abbozzo di libro. La loro raccolta e pubblicazione, prima in forma “artigianale”, ora in una nuova edizione rivolta al grande pubblico, racconta una reale esperienza di vittoria sulla fragilità della vita e sulla morte.
Prefazione del cardinale Angelo Scola, vescovo di Milano.